Blind butterfly and violet eyes

di Makari e Mistral

 

DISCLAIMER: I personaggi di Slayers sono di proprietà di Hajime Kanzaka e degli altri aventi diritto.

Altri personaggi che dovessero apparire sono da considerarsi proprietà delle Autrici.

 

Night 1

Le alte cuspidi di un palazzo costruito da una civiltà scomparsa, i raggi della luna che le illuminavano con la loro luce argentata, pavimenti di marmo e arazzi alle pareti. Ricordi di un tempo lontano.

Xelloss Metallium camminava silenzioso lungo il sentiero che conduceva ad un vicino villaggio.

No, non lo stesso dove Lina era già stata con lo spadaccino. Troppo vicino, troppo alto il rischio che Gourry fosse stato davvero riportato in salvo da qualcuno e che i due potessero incontrarsi di nuovo.

Maledisse stesso per non averlo tolto di mezzo. Aveva avuto un attimo di esitazione. Ma sapeva benissimo che era stato proprio il suo orgoglio ad impedirglielo. E non parlava di orgoglio di demone, del demone assetato di sangue che i draghi avevano imparato a conoscere e a temere, ma di orgoglio di uomo.

Perché lui un tempo era stato un uomo. Anche se i ricordi di allora, di un tempo che aveva preceduto di molto la Kouma Sensou, sfumavano lentamente nella sua memoria. Ma il dolore no, quello no. Non amava parlare di quell’argomento; e anche il solo pensiero bastava a ferirlo.

Era strano come tutto ciò gli stesse tornando alla mente proprio in quel momento.

Sentiva la neve soffice sotto i piedi; sollevò lo sguardo verso l’alto: il sole stava tramontando dietro le cime innevate dei vicini Kataart, colorandole di caldi riflessi rosati. Il cielo era nitido, come spesso accadeva da quelle parti dopo che aveva nevicato, e la luna era già alta nel cielo pallido, accompagnata dalle prime stelle.

Sangue sparso su tappeti preziosi. Ancora ricordi.

Scrollò il capo, costringendosi a tornare alla realtà. Osservò con la coda dell’occhio Lina, che dormiva con la guancia poggiata alla sua spalla. Non era un sonno tranquillo. Come poteva esserlo, dopotutto? Poteva sentire i muscoli delle gambe contrarsi sotto le sue dita, il suo respiro affannato e le braccia sottili tremare intorno al suo collo. Faceva freddo, anche se l’aria giaceva immobile.

Si rese conto di tutta la fragilità del suo corpo mortale, della sua vita che scorreva rapida come un battito di ciglia, mentre lui la osservava immobile dal suo paradiso di sangue.

Pensò alla sua missione, al perché lui, un demone, la cui forza era da molti paragonata a quella di un Dark Lord, si trovava lì, su quel sentiero, quella sera, e portava sulle spalle una creatura che, in fondo, era solo un essere umano.

Se non fosse intervenuto subito, lei sarebbe certamente morta.

Aveva provato piacere prima, nel vedere il suo piccolo corpo giacere inerme nella neve rossa di sangue e nel pensare che gli era stato concesso di poterci giocare come più gli piaceva. Ma ora non ne era più tanto sicuro. Come sempre quando ricordava, una grande tristezza gli era piombata nel cuore e quello che era un demone senza scrupoli si era trasformato in una creatura dilaniata dal rimorso e dalla nostalgia per i suoi anni mortali.

Ma improvvisamente ebbe un sussulto. Gli era entrata nella testa. La sua Master. Sapeva bene che non avrebbe mai potuto chiudere la mente a lei. Non una parola, solo la presenza. Per ricordargli che lei sapeva, per ricordargli che ora era un demone.

Un demone non può avere rimorsi. Un demone non può provare sentimenti. Al di là della sessualità, non può esistere altro legame con gli esseri umani. Ma valeva anche per lui, un demone costruito su base umana?

Continuò a camminare silenzioso, stringendo a sé il corpo di Lina, per cercare nel contatto fisico con lei un appiglio che gli permettesse di allontanare quei pensieri dalla testa.

Incrociò un uomo anziano, che portava sulle spalle un carico di legna. Lui lo guardò, poi abbassò lo sguardo con aria sommessa. Chissà cosa aveva pensato di lui.

Intanto si era alzata una lieve brezza proveniente da oriente, che gli scompigliava i capelli viola sulla fronte, lasciandogliela scoperta.

All’orizzonte, cominciavano ad intravedersi le luci delle prime case.

 

Profumo di rose carezzate dalla neve, ed il tocco di labbra vellutate sulle sue. O erano petali?

Lina sentiva una gran pace. Le sembrava di stare sprofondando sempre più in un mare tranquillo e placido, illuminato dai riflessi rossi di un sole che stava lentamente tramontando, mentre intorno a lei crescevano dalle profondità delle acque una gran varietà di piante e cespugli, e i loro rami le avvolgevano il corpo, si avvinghiavano alle braccia e alle gambe, le carezzavano il volto.

Poi improvvisamente qualcosa cambiò. Il cielo si colorò di tinte cupe. I rami aumentarono la loro presa e la stinsero sempre di più, facendola sanguinare; le sembrò di urlare per il dolore, poi si sentì precipitare, cadere sempre più in basso, mentre la sua voce si perdeva nel vuoto.

Spalancò gli occhi, la fronte madida di sudore. Ora il buio era totale. Si ricordò di essere viva.

E non fu sollievo quello che provò. Sentiva la testa stretta in una morsa di dolore, mentre cercava invano di mettere a fuoco l’ambiente intorno a sé.

Si tirò a sedere, ma una fitta dolorosa le attraversò il ventre; vi portò istintivamente una mano per calmarlo, cercando la ferita con le dita. Non la trovò. Il dolore era interno. Poi ricordò tutto, tutto le fu chiaro nella mente. Trasalì, quando sentì la presenza del demone vicino a lei.

“Bentornata tra noi, Lina Inverse…!” esclamò Xelloss, badando a non lasciare trasparire nessuna emozione dalla sua voce.

Lina si voltò immediatamente verso di lui, mentre una goccia fredda di sudore le scendeva lungo le tempie.

Il priest era rimasto ad osservarla tutto il tempo, in piedi, accanto ad una finestra coperta da pesanti tende scure, gli occhi ridotti a due fessure color ametista.

Si trovavano nella piccola camera di una locanda, illuminata dalla flebile luce di alcune candele, poste sul comodino accanto al letto e su una scrivania. La luce danzava sulle pareti in legno e sui quadri che raffiguravano antiche storie di elfi, boschi e draghi, riflettendosi sui lunghi capelli ramati della maga.

Il demone seguì i riccioli morbidi che le incorniciavano il volto pallido e umido, scendevano lungo il collo e le ricadevano sulle spalle, per poi posarsi sui piccoli seni, che sporgevano dalla maglietta bianca, attraverso cui si intravedeva il colore rosato dei capezzoli. Il demone sorrise, immaginando stesso che li stringeva tra le mani e baciava il suo collo levigato, mentre lei si contorceva sotto di lui e il rossore le saliva lungo il petto, illuminandole il volto. Ma non era ancora quello il momento.

Tutti i dubbi di prima sembravano essere svaniti in quella penombra. Non c’era più il ricordo di sangue sparso, solo il suo respiro debole nell’aria.

Si avvicinò lentamente, andandosi a sedere sul bordo del letto accanto a lei, e le scostò i capelli dal viso.

Lei deglutì ritraendosi indietro, quando sentì il tocco freddo delle dita del demone sul suo viso. Il suo pensiero corse a Gourry: lui dov’era, e come stava? E lei, dove si trovava? La presenza di Xelloss la inquietava, anche se sapeva bene che in quel momento era viva solo grazie a lui.

Il priest sembrò intuire le domande che correvano nella mente della ragazza. “So che per te non dev’essere facile, Lina. Ma devi fidarti di me, non voglio farti del male” le disse “Pensaci: se avessi avuto l’incarico di ucciderti l’avrei già fatto prima, anziché curarti, no?”

Colpito e affondato. Lina si morse il labbro, indecisa su come comportarsi e nello stesso tempo spaventata, sia dalla facilità con cui Xelloss aveva capito a cosa stava pensando, sia dalla logica inattaccabile del suo ragionamento.

“Capisco che possa sembrarti impossibile, ma stavolta non agisco per ordine dei miei superiori” continuò poi il mazoku, abbassando il tono della voce e avvicinandosi alla maga “Ti ho salvato perché volevo salvarti, credimi…” tacque per qualche secondo e le accarezzò la guancia con due dita “Ti vuoi fidare di me, Lina?” domandò poi, costringendola a voltarsi verso di lui.

Lina tremava. Afferrò il polso del demone e ne scostò la mano, poi si rannicchiò di più nel letto, cercando di allontanarsi da lui e stringendosi con le braccia come a proteggersi. “Xelloss, ti prego, lasciami un momento da sola …” disse poi, con voce un po’ incerta.

“Va bene, Lina, come vuoi” rispose lui, con un’alzata di spalle “Sarò di ritorno tra qualche ora”. Si alzò e cominciò a dirigersi lentamente verso la porta, aspettandosi da un momento all’altro di venir richiamato. Cosa che puntualmente avvenne.

Infatti, come Lina sentì il materasso distendersi nel punto in cui Xelloss si era alzato, una sensazione indefinibile, quasi di ansia, si impossessò di lei. “Xel! Aspetta, non lasciarmi da sola!” lo chiamò, allungando una mano nel buio “Dimmi almeno dove siamo… e dov’è Gourry?”

Sentendo il nome dello spadaccino, negli occhi socchiusi del demone passò un lampo crudele: di rabbia, certo, ma non solo, anche d’orgoglio, con una punta di gelosia. Lei doveva smetterla di pensare a quell’idiota! Ma ancora una volta riuscì a dominarsi e dalla sua risposta non trasparì nulla dei suoi veri sentimenti. “Te l’ho detto, Lina. Gourry è stato affidato alle cure degli abitanti di un villaggio vicino al luogo dove vi ho trovato. So che lì vive anche un guaritore molto abile, il tuo amico sarà di certo affidato alle sue cure. Però ora tu non devi più preoccuparti di lui, pensa solo a stare tranquilla”

La maga trasse un profondo sospiro. “Ma Xel…”

Cosa c’è, non mi credi? Che ragione avrei di mentirti?”

“Nessuna… però…”

E allora? Dai, non pensare a Gourry. Che se no poi io divento geloso! Scusami, sei in viaggio con me e non fai che pensare a lui… non è molto d’aiuto alla mia autostima!” concluse, con tono scanzonato.

A quelle parole, sebbene pronunciate con fare scherzoso, Lina sobbalzò: non si sarebbe mai aspettata una risposta simile da parte del demone. “Xel… cosa intendi dire?” gli domandò, incerta.

Lui sorrise: aveva fatto centro, forse anche meglio di quanto si aspettasse. Voleva prenderla alla sprovvista, comportandosi in modo strano per destabilizzare le sue difese e poi, al momento giusto, colpirla. E doveva ammettere che quel primo colpo era andato a segno molto bene. “Esattamente quello che ho detto, Lina-chan!” le rispose ridendo.

Lina chinò il capo e tacque. Dopo qualche istante alzò lo sguardo e si voltò verso il mazoku. “Xelloss… vieni qui” e gli fece cenno di sedersi di nuovo accanto a lei.

Il demone le si avvicinò e si accomodò sul letto. Un sorriso soddisfatto gli increspava le labbra: sapeva di essere riuscito a scalzare un’altra pietra dal muro che la maga aveva eretto da sempre attorno al suo cuore.

Ma rimase allibito quando lei cercò la sua mano e gliela strinse. “Io non ti ho ancora ringraziato per avermi salvato la vita… e per esserti offerto di prenderti cura di me e di accompagnarmi a Nimrod… grazie”

Xelloss era sinceramente stupito dalle parole della ragazza. “Ma dai, non c’è bisogno di ringraziarmi! Alla fine…”

Ma lei lo interruppe. “Cosa posso fare per ricambiare?”

‘Questa ragazza è una fonte inesauribile di sorprese…’ pensò il mazoku. Mai e poi mai si sarebbe aspettato di sentirsi dire una cosa del genere.

La prima risposta che gli venne in mente fu: «Vieni a letto con me». ‘Sarebbe di sicuro un’esperienza piacevole, anche se non fosse per lavoro…’

Ma poi ripiegò su un: “Promettimi che non penserai più a Gourry finché non sarai guarita”.

Lina strinse forte la mano del demone, poi, dopo un attimo di esitazione, annuì.

“Bene! Così mi piaci!” esclamò Xelloss. “Adesso che ne dici di andare a farti un bagno caldo così poi mangi qualcosa?”

“Beh, non sarebbe male come idea…” assentì lei, con un mezzo sorriso.

“Allora ti accompagno nella stanza da bagno! Ah, Lina, sai che se sorridi sei molto più carina? Cerca di farlo più spesso!” concluse il demone, mentre l’aiutava ad alzarsi e la guidava nel piccolo bagno.

Lina arrossì ma non protestò; inspiegabilmente, il complimento di Xelloss le aveva fatto molto piacere.

Dopo aver accompagnato Lina nel bagno e averla aiutata ad orientarsi almeno un po’ (doveva essere tremendo non vedere e trovarsi in un posto sconosciuto), il mazoku si sistemò comodamente sul divano, in attesa che la ragazza uscisse, mettendosi in ascolto dei deboli rumori dell’acqua che provenivano da dietro la porta.

 

Lina iniziò a raccogliersi in qualche modo i capelli sul capo, tentando di fermarli alla bell’e meglio con delle grosse forcine tirate fuori da chissà dove ed entrò nella tinozza, assaporando con piacere il calore dell’acqua e fermandosi nel frattempo a riflettere sugli ultimi avvenimenti.

Si immerse nell’acqua bollente fino al mento, ma, nonostante tutto, non le riuscì di scaldarsi. Doveva aver preso davvero parecchio freddo quel giorno… anche se… anche se quando Xelloss l’aveva portata in spalla e coperta con il suo mantello non aveva più sentito freddo… “Basta Lina, smettila!” si rimproverò, tuffandosi completamente sott’acqua “Ti sembra il caso di pensare a queste cose in una situazione del genere?!

Però… però doveva ammettere che le piaceva pensare al demone. Si vergognava terribilmente ad ammetterlo, ma il complimento di prima, per quanto banale, le aveva fatto un immenso piacere. E avrebbe voluto che lui la prendesse di nuovo in braccio… ma lui era il Trickster Priest, l’ultima persona sulla terra di cui fidarsi… eppure…

“Oh basta! Ci rinuncio!” esclamò, alzandosi in piedi di scatto. Le forcine che già prima fermavano a stento la sua folta chioma, non ressero al peso dei capelli fradici e li fecero ricadere lunghi e lisci sulle spalle e sulla schiena, coprendola completamente. Lina se li scostò dal viso e dal seno in qualche modo, cercando poi a tentoni un asciugamano per avvolgerselo attorno al corpo. “Mi pare che Xel avesse detto che c’era un asciugamano qui…” disse tra sé, allungandosi verso il muro. Finalmente trovò il prezioso oggetto e, uscendo dalla tinozza, se lo avvolse addosso. Poi cercò qualche riferimento nel buio per arrivare alla porta e uscire; nel fare ciò, però, inciampò in uno sgabello imprevisto e rovinò a terra, lanciando un urlo.

 

Quando Xelloss sentì Lina gridare, per un attimo non poté fare a meno di preoccuparsi:Cosa sta combinando quella?! Non deve farsi male, altrimenti chi li sente gli alti papaveri se gliela porto tutta ammaccata?!

Poi però, nel giro di un secondo recuperò il suo sangue freddo e, socchiudendo la porta, la vide distesa sul pavimento di cotto che tentava lentamente di rialzarsi… senza accorgersi di lui che la osservava, ma soprattutto del fatto che l’asciugamano nella caduta si era aperto e ora la lasciava quasi completamente scoperta.

A quella vista, Xelloss non poté più trattenersi: spalancò la porta, fingendo di essere appena arrivato. “Lina! Cosa ti è successo?” esclamò, facendosi mentalmente i complimenti per la recitazione.

Al sentirlo arrivare lei, che ormai era seduta sul pavimento, rendendosi conto di essere nuda, lanciò un altro urlo, coprendosi il seno con un braccio. “Fuori! Brutto maniaco!” gridò, tirandogli addosso la prima cosa che le era capitata sotto mano: lo sgabello incriminato.

Il mazoku ridacchiò, chiudendosi la porta alle spalle. “Troppo tardi Lina-chan! Ormai ho visto tutto! Comunque non hai affatto il seno piatto!” la provocò.

“Smettila demone depravato! Pensa piuttosto a trovarmi dei vestiti!”

“Già fatto… vuoi che ti aiuti a metterli?”

Il demone si aspettava un’altra risposta velenosa, ma da dietro la porta venne solo silenzio. Era perplesso: cosa diamine aveva ora? Provò a chiamarla: “Lina? Ci sei?”

La maga, dal canto suo, non lo sentì neanche, troppo preoccupata di trovare una soluzione al problema che Xelloss le aveva appena posto. Alla fine, come dando voce alla conclusione di un ragionamento, disse: “Ho trovato. Xel, cerca una cameriera, una cuoca, chiunque purché sia una donna, e dille di venire qui ad aiutarmi a vestirmi! Muoviti!”

Ma dove vado a trovarla? Mica la posso rapire!” provò a protestare lui.

“Trovamela! Non mi interessa come, ma trovamela! Subito!” ordinò la ragazza, sull’orlo di una crisi di nervi.

Il demone sospirò sconsolato. “Agli ordini, capo…” disse, uscendo dalla stanza. “Ma guarda te: io, un mazoku potentissimo, costretto a eseguire gli ordini di una ragazzina isterica… tanto alla fine la spoglierò comunque, che differenza fa se la vedo nuda adesso o fra qualche giorno?” continuava a mugugnare tra sé, vagando per i corridoi deserti.

Stava già per alzare bandiera bianca e chiedere aiuto alla sua Master, quando incrociò due bambine, di circa 8 o 10 anni, che salivano le scale parlottando tra loro. Assumendo la sua aria più amabile, Xelloss si avvicinò. “Scusate piccole… potrei chiedervi un favore?”

Due paia di occhioni gemelli color azzurro ghiaccio si alzarono su di lui e, nel guardarle in viso, il demone rimase stupito nel constatare quanto si somigliassero; se non fosse stato che una era quasi bionda e l’altra con un bellissimo caschetto corvino si sarebbero potute scambiare per gemelle.

La bambina dai capelli neri, che era anche leggermente più bassa della sorella (forse era la minore delle due), gli domandò diffidente: “Cosa dobbiamo fare?”

“Beh, una mia amica non ci vede e avrebbe bisogno di qualcuno che la aiuti a vestirsi… potreste darmi una mano?”

La bimba bionda, giocherellando con una ciocca dei suoi lunghissimi capelli, gli sorrise. “Certo, vero Fillei?”

L’altra fece cenno di sì con la testa. “Ok, dai accompagnaci dalla tua amica”

“Penultima porta a destra lungo questo corridoio”

La piccola chiamata Fillei annuì nuovamente e poi prese per mano la sorellina, correndo avanti. “Vieni Estrel! Facciamo a chi arriva prima!”

Il mazoku le osservò correre nel buio corridoio, ridendo felici, e un sorriso sincero gli increspò le labbra. Un’altra fitta di nostalgia lo assalì. Quelle piccine, nei loro vestitini di lino sbracciati e con le gonne lunghe, decisamente poco adatte a due bambine della loro età, gli ricordavano tanto le figlie del Duca presso cui… stava per abbandonarsi di nuovo ai ricordi quando una voce acuta gli perforò i timpani. “Xelloss! Dove sei demone disgraziato?!

Uh-ohLina sembra ansiosa di vedermi, meglio muovermi…” e allungò il passo per raggiungere la loro camera.

Appena entrato, vide che le bambine avevano già vestito la ragazza e constatò con piacere che i vestiti che aveva scelto per lei le stavano a pennello: un maglioncino a collo alto color ebano, molto aderente, che evidenziava le sue forme e un paio di pantaloni beige con una cintura alta di pelle. Annuì soddisfatto e poi bussò alla porta aperta. “Posso entrare Lina?” domandò con finta deferenza.

“Smettila di fare il cretino, Xel” rispose lei “Tanto lo so che sei già qui da chissà quanto tempo” Nella voce non c’era rabbia, anzi, forse… una punta di autocompiacimento?!

Il mazoku ridacchiò, imbarazzato. “Ma no… cosa dici? Comunque quei vestiti ti stanno proprio bene”

Adesso era il turno della maga essere imbarazzata. “Ah? Eh? G-grazieComunque, volevo chiederti se potevamo portare a cena con noi anche queste bambine…”

Xelloss inclinò il capo da un lato, sorpreso, poi lanciò un’occhiata alle piccole che lo guardavano sorridenti. “Beh… sì, niente in contrario…”

Non riuscì a finire la frase che Fillei e Estrel gli si erano già buttate in braccio, felici. “Grazie zio Xel!”

Sul capo del demone comparve un gocciolone.

Dieci minuti più tardi, Xelloss ricomparve con tutto il cibo che aveva potuto raccattare nella cucina della locanda (ben poco) e tutti e quattro si sedettero attorno al tavolo. Chi li guardava da fuori, senza sapere nulla di loro, avrebbe sorriso intenerito.

 

***

 

Zelas, Dynast e Phibrizio che li osservavano dal palazzo del Dark Lord dei ghiacci, al vederli rimasero perplessi.

L’Hellmaster si schiarì la voce. “Zelas, non vorrei criticare il tuo piano, anche perché sinceramente non l’ho capito, ma… siamo sicuri che dovesse proprio andare così?”

Zelas, sempre seduta sulla poltrona con il bocchino d’avorio alle labbra e un posacenere stracolmo a fianco, stavolta non ce la fece a mantenersi impassibile. “Mi credi se ti dico che non lo so neanch’io?” rispose con un’espressione sconsolata.

Dynast scosse la testa. “Vedi che avevo ragione io? Meglio un bel massacro, così non ci sono problemi…”

Ma nessuno gli diede retta.